La Jassart jam è l’unica che mi fa riprendere in mano le bombole, dopo tanti anni, una volta l’anno.

Sono dodici anni che è morto Mattia Chiappa – MAT, con la sua faccina che diceva jassai nella tag – e questa longeva e sempreverde jam da allora riunisce il meglio del writing locale e non per ricordarlo. Era il 2008 quando MAT ci lasciò, quando il writing che lo aveva salvato, poi, lo uccise. In quegli anni lo avevo conosciuto anche io, che allora vivevo in Ancona e ancora dipingevo. Da quella notte, la Jassart ha reso Mattia immortale.

Riprendere le Montana in mano

L’anno scorso, a Chiaravalle, sull’onda emozionale del decennale della bella esperienza di Fast forward, rispolverai vecchie bombolette e decisi di riprovare a fare un pezzo. Sono tornato a quando ero ragazzo, con l’entusiasmo di un diciassettenne. Anche se ne uscì un mezzo obbrobrio mi sono divertito tanto che, un anno dopo, quando i ragazzi dell’associazione Jassart hanno ritirato su questa bella storia, ho chiesto subito se c’era un po’ di muro anche per me.

La risposta del direttivo Jassart è stata calda e amichevole come sempre, e quando mi sono presentato al sottopassaggio di Marina di Montemarciano mi hanno detto “Va’ a dipingere dove vuoi”. Nonostante mostri sacri avessero già colorato con stili da lasciare a bocca aperta decine di metri di muro, nella Jassart jam tra un dilettante e un professionista non c’è differenza.

E infatti, lo spirito che si respira tra la musica rap e i tanti writer da mezza Italia – nella pagina facebook dell’associazione gustatevi i loro lavori – è quello di chi si vuole divertire e godere lo spettacolo dell’edizione numero dodici della Jassart jam. Per fortuna sono lontani i tempi in cui questa disciplina viveva di scazzi, oggi siamo tutti grandi e, in un certo senso, la vera essenza del writing e dell’hip hop si riconosce più oggi che nella golden age. Per quanto irripetibili siano stati quegli anni.

Jassart jam e Falconara marittima

Dopo l’esperienza a Chiaravalle del 2020, quest’anno è stata la volta di Marina di Montemarciano – sempre alle porte di Ancona – di accogliere la Jassart jam. Nonostante sia Falconara marittima la città, a pochi km da qui, dove finì la storia di MAT e iniziò quella dell’associazione che ogni anno organizza questa jam tributo, da Falconara i ragazzi sembra se ne stiano andando.

Una realtà come quella di Falconara marittima è difficile da permeare. C’è come la paura che l’arte libera possa esprimersi contro quei pochi poteri forti – sono mai tanti questi poteri? Tanti quanti chi li combatte? – che in molti osteggiano ma quasi mai apertamente. Jassart lo farebbe, dai muri che colora, sulla traccia avviata da Mattia Chiappa che ancora dice la sua con i suoi pezzi e con quelli di chi l’ha seguito.
Ecco perché questa realtà ha trovato più ostacoli a casa sua che altrove, ecco perché dopo Chiaravalle questa manifestazione, ormai itinerante, ha fatto tappa a Marina di Montemarciano. “E quest’anno facciamo il bis – mi dicono gli organizzatori – e torniamo anche a Chiaravalle, dove le istituzioni e gli sponsor si fanno in quattro per accoglierci e aiutarci”.

Jassai. Una jam che è diventata grande

Ho preso una bella porzione di muro all’ingresso del sottopassaggio per fare un pezzaccio, con l’unico obiettivo di divertirmi e ci sono riuscito, al di là dal risultato, discutibile ma sticazzi. Previdente, mi sono appostato in posizione defilata per non rischiare di rovinare la bella vista d’insieme dei lavori degli altri. D’altra parte, nel writing è come nella calligrafia: non puoi sperare di produrre niente di valore se ti applichi una volta l’anno. Ma a differenza della calligrafia, l’ambiente del writing è molto più easy, la disciplina molto meno rigida – e infinitamente più giovane – e nessuno verrà mai a dirti che non va bene quello che stai facendo (forze dell’ordine escluse).

Dalla mia postazione, che reputavo periferica, in realtà mi sono trovato a fare da punto informazioni dell’evento: ogni passante diretto al mare si trovava me di fronte, per primo, e mi domandava di cosa si trattasse quello che stava accadendo.
Ho parlato con gente del posto e turisti, tutti entusiasti del lavoro dei ragazzi. Ho raccontato loro la storia di MAT, la costanza di questa associazione, la perseveranza di Jassart nonostante non siamo più ragazzini e ognuno sottrae tempo al lavoro, alla famiglia, ai suoi interessi per tirare su a vario titolo questa storia. Che nell’associazione ci sono professionisti che del writing hanno fatto un lavoro e chi, come me, nella vita fa tutt’altro – tutt’altro? – ma ci tiene a mantenere in vita e far crescere il Movimento. Ma soprattutto come Jassart contribuisce a far sì che, dopo tanti anni, la società abbia mutato il suo sguardo e veda oggi, nel writing e nella street art, una forma di espressione che rende più belle le città, nelle periferie e nelle strutture che di bello hanno poco.

MAT direbbe “Bellah”

E oltre ai complimenti, scontati, l’incoraggiamento di tanti che, passando, ci incitavano col pugno chiuso al grido di “coloratelo tutto ‘sto grigio del cazzo!”.
La pittura scolorirà, ma la mentalità di tanti, ormai, è cambiata. Ed è dalla nostra parte. Credo sia questo il successo più grande di Jassart. Mattia, da lassù, può essere orgoglioso dei suoi.

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