La Jassart jam nacque undici anni fa. Era il 2009, Mattia Chiappa era morto da pochi mesi e i suoi amici ripresero in mano questo evento di writing, che già Mattia aveva battezzato, per ricordarlo. Siamo a Falconara marittima, alle porte di Ancona, MAT (Mattia) era un writer che ci lasciò in un incidente in ferrovia e la sua tag era spesso accompagnata da un omino che diceva “jassai”, già sai. I compagni del suo paese allestirono muri per far dipingere tutti i writer che lo avevano conosciuto, che da lì a ogni anno tornarono a pittare in suo onore e ricordo.

Conobbi Mat nel 2008, in una jam a Falconara che fu l’anno zero della Jassart, e ci dipinsi accanto. Per me fu credo l’ultima volta che presi in mano gli spray. Ero veramente scarso, era ora di farsene una ragione e cambiare strada, per quanto mi piacesse dipingere e, ancora più, far parte di quella storia.

Tornai, nella prima edizione e in alcune edizioni successive, con pennelli e pennellesse, a sperimentare un’idea di calligraffiti. A modo mio, un contributo a quel tributo a Mat, la Jassart, lo diedi. Poi la vita è andata avanti, il mio amore per l’hip hop è rimasto tale e quale ma le condizioni e le situazioni mi hanno portato lontano. Allora l’ho tenuto per me, per quando chiudevo gli occhi e respiravo i nostri ricordi.

Jassart, dieci anni dopo

Sono passati tanti anni. Qualche giorno fa ricorreva il decennale di Fast forward, un’esperienza di writing diventata poi associazione poi una storia durata qualche anno di esperienze, amicizia, vernice. Una storia simile a quella di Jassart. Già che ero sul pezzo, mi sono detto Perché non riprovarci?

Chi me lo fa fare, la risposta immediata. Ho bombole di dieci anni fa, cap ormai di modernariato, una mano arrugginita e già allora faceva schifo. Ecco.

Ma vaffanculo. Alla Jassart sono tutti amici, il clima è easy, c’è quell’atmosfera in cui tutti si dicono Bella e ci si ferma per due cazzate, una birra e un sorriso tra sconosciuti e nasce una connessione spinta dalle vibrazioni positive. Dico sempre la stessa cosa, ma chi ha attraversato la Golden Age la riconosce, quella vibra. Poi, male che vada, scappo via senza salutare nessuno e mi copriranno spero dimenticandosi il mio volto. Vado a divertirmi un paio d’ore e sia quel che sia. Graffitishop mi aiuterà.

Sono andato a Chiaravalle per l’edizione numero 11 di Jassart jam. “Perché Falconara nun ce vole più be’”; la città di Mat è stata cambiata dopo dieci anni per impossibilità a continuare la strada là. Poco male: Chiaravalle, tra Comune e Diocesi, ha messo a disposizione chilometri di muri, l’assessore è sceso in campo in prima persona e gli sponsor sono stati generosi.

Quando ho chiesto un po’ di spazio, mi hanno accompagnato a un sottopassaggio e mi hanno indicato una parete. È tutta tua.

Writing come nei Novanta

Ho buttato su un pezzaccio col mio nome con tutti gli scarti di Clash e Beat del vecchio decennio e qualche Montana. Lo stile lo stesso della fine dei Novanta, swoosh e frecce, che anacronismo. Dieci anni e passa di lontananza dalle bombole si sentono, e direi che per i prossimi dieci sto a posto. Ma quanto mi sono divertito.

Alla fine sono andato dai ragazzi dell’organizzazione a salutare e ringraziare, e ho fatto quattro chiacchiere col presidente dell’associazione Jassart.

Abbiamo ricordato i vecchi tempi come bravi vecchietti, constatato l’età media veramente alta dei presenti e notato ahinoi come manchi un ricambio generazionale. Ma ci siamo anche compiaciuti di quanta energia nuova ancora il ricordo di Mattia e quanto, nel suo nome, siamo ancora disposti a tirar su una storia imponente come la Jassart, che è di più di una semplice organizzazione, che muove ogni anno cinquantine di writer e, stavolta, mi ha rimesso le bombole in pugno dopo tutti questi anni. Jassai.

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