Nel Palio di Sanseverino, il Palio dei Castelli, ci sono cresciuto, e per certi versi una buona parte di quello che sono oggi è lì che è nata. Poi gli anni passano, in questo caso i decenni; dei tanti con cui iniziai ne restano, oggi, giusto un paio ancora armati nella Compagnia d’arme del Grifone della Scala, con figli al seguito, ma il ricambio c’è stato e chi ha lasciato è stato sostituito ed è giusto così. La ruota gira.
Ma il mio cuore è rimasto sempre lì, dove ho iniziato la storia di rievocazioni e calligrafia medievale. Ecco perché quando il Capitano della Compagnia mi ha offerto di realizzare il palio 2022 non ci ho pensato due volte.

C’è Palio e palio, uno con la P maiuscola e uno con la minuscola. Il Palio è il Palio dei Castelli, rievocazione storica medievale, che si celebra dal 1972 riportando la città di San Severino Marche ai tempi della signoria di Onofrio Smeducci, e che ha il suo momento culminante nella Corsa delle torri. Poi c’è il palio, il cencio che viene assegnato al vincitore del Palio: un numero variabile di quartieri e castelli si contende, ogni anno, in una serie di sfide e tornei (l’ultima la corsa delle torri, dove otto atleti corrono con pesantissime torri in legno sulle spalle attorno all’ovale di Piazza del Popolo), la vittoria del palio. Questo palio, annualmente, viene dipinto da un artista che interpreta sulla sua tela il suo punto di vista sulla manifestazione, sulla città, sulla storia e la cultura settempedane.

Il ritorno del Palio

Quest’anno è toccato a me. Vuoi perché, dopo il terremoto e la pandemia, con il conseguente stop forzato alla manifestazione più cara ai sanseverinati, ripartire è dura; anche per il 2022 il Palio è stato costretto a una riduzione dei numeri, con meno spettacoli e gare, ma già il rivedere migliaia di persone in Piazza del Popolo per l’arrivo del corteo storico è stato emozionante. Soprattutto per me, che stavolta l’ingresso degli armati e dei nobili l’ho vissuto da sotto il palco.
Quindi, se dura dev’essere, facciamo giocare uno duro, avranno pensato nel direttivo. E il gioco duro, in questo caso, consisteva in una performance live per dipingere il palio durante la serata del corteo.
Quando il Palio chiama non so tirarmi indietro. Potessi, darei anche di più per la festa del mio Paese, che resta il mio Paese anche se non ci vivo più da vent’anni, ma dò il massimo che posso e so che per chi organizza il Palio è comunque tanto. Perché ci sono stato tanti anni, dalla loro parte, e conosco il valore di ogni contributo per quanto piccolo possa essere.

8 giugno, il Patrono, il corteo

L’8 giugno cade la festa del Patrono, San Severino Vescovo. Secondo la tradizione, in origine la festa religiosa di San Severino di Septempeda era celebrata l’8 gennaio, ritenuto quello della sua morte, mentre i festeggiamenti popolari si tenevano l’8 giugno, data in cui si ricordava la consacrazione della chiesa a lui dedicata, fatta erigere dal vescovo Ugo al Castello. La prima notizia documentaria della festa popolare dedicata al patrono è del 1258, mentre la prima menzione della festa il giorno 8 giugno si trova nelle Riformanze del 1308. Se è dagli anni Settanta che si celebra, con la manifestazione che conosciamo, il Patrono, sono secoli che si festeggia, comunque l’8 giugno. Dal Trecento, mica quattro giorni.

Questo è il giorno della sveglia alla città (i tamburini percorrono le strade della città all’alba suonando i loro strumenti), della messa solenne e, soprattutto, del corteo storico. Per le vie principali sfilano migliaia di figuranti: popolani, armigeri, tamburini e musici, delegazioni di rievocazioni gemellate (Sponsalia di Acquaviva Picena, le tamburine di Montecassiano, i camerti arcieri di Varano e altri) e i nobili della corte di Onofrio Smeducci; il Sindaco in costume storico e gli atleti che si sfideranno, che alla fine del corteo giureranno fedeltà e lealtà al capitano d’armi. Un evento nell’evento, nei numeri secondo a pochissimi nelle Marche e nell’evocazione, con la scritta incendiaria accesa dalle frecce infocate degli arcieri a chiudere la serata, di altissimo livello.
Erano quindici anni che non mi inginocchiavo dietro gli arcieri per accompagnare l’incendio del tabellone con la scritta “Palio” e l’anno corrente. Mi sono emozionato come la prima volta e tutte quelle che sono venute dopo.

Il palio 2022

La sera del corteo mi sono trovato in una piazza ancora semideserta – la città assiste al corteo che sfila nelle strade, prima di riversarsi in piazza -, faccia a faccia con una metrata di cotone, ad avvantaggiarmi sull’ingresso dei figuranti per dipingere il palio in poche ore. Avrei voluto sfilare al corteo, ma con i tempi stretti che avevamo sarebbe stato impossibile, poi, chiudere il pezzo prima della freccia incendiaria. Forse per questo hanno scelto me, invece di un pittore vero: in tre ore non è che si possano fare grandi opere. Ma quello che so fare io, scrivere, quello sì. E quello ho fatto.

Eudo e il diploma del 944

Ho deciso di omaggiare il vincitore del Palio 2022 – che è finito in mano al castello di Colleluce – con la trascrizione di un frammento di un diploma di Eudo, vescovo di Camerino, che nel 944 fa “edificare dalle fondamenta una chiesa in onore della Vergine Maria e di tutte le celesti schiere” nel “castello detto di San Severino“, sopra il fiume Potenza, assegnandogli alcuni beni. Questo documento, conservato nell’archivio capitolare di Sanseverino, è la prima traccia che si ha nella storia della città in cui compare il toponimo “San Severino”; è anche la testimonianza che assegna al duomo vecchio, intitolato appunto al Vescovo Patrono di Septempeda, il primato di chiesa più antica di Sanseverino.

Questo il testo che ho riportato, scritto originariamente in volgare ma facilmente interpretabile:

Ego Eudo divina favente gratia et mercede Domnorum regum seniorum meorum, sancte Camerine sedis hu(mi)lis episcopus, in onore beate Marie Verginis et omniorum celestium agminum, in castello qui dicitur ad sanctum Severinum super flumen Potentie.

Un palio in gotico

Ovviamente il documento originale non è scritto in gotico: siamo in Italia e quel gotico lì, il gotico texture, ancora non è stato codificato in Europa; inoltre nella nostra Penisola non arriverà mai così spezzato e spigoloso. La calligrafia usata nel documento è compatibile con una Carolina minuscola libraria dalle aste ascendenti e discendenti esasperate, ma su un telo di cotone da cucire in un drappo per il palio non sarebbe stata, graficamente parlando, abbastanza artistica. Ho quindi scelto di scrivere in gotico texture.

Impugnato un Borciani e Bonazzi piatto da pochi millimetri, con un acrilico nero e un po’ di rosso, ho riprodotto questo testo per dedicare queste poche righe, così importanti nella nostra storia, a chi si è portato a casa l’edizione 2022 del Palio dei Castelli. “Ci sei tu, in questo lavoro”, mi ha detto il Capitano della Compagnia ancora armato, a fine serata. Avrei voluto rispondere che c’erano più loro, lì dentro, che io. C’erano gli anni trascorsi dietro gli stendardi, sotto le cotte di maglia, nelle cucine e nelle taverne, con le transenne in braccio da una parte all’altra della Piazza, nei cortei e nelle trasferte, le palestre d’inverno, gli abbracci sotto i fuochi d’artificio; c’erano i nostri attrezzi infocati, le prime pergamene scritte a mano. C’era Max, il generale, che dal 2018 spara la spingarda da lassù per salutare il nostro ingresso in piazza.
Il fuoco sulla scritta incendiata ha sciolto tutta la tensione di scrivere per il mio Paese (ho partecipato a rievocazioni storiche, penne in mano, in mezza Italia senza che spesso mi si muovesse dentro un solo muscolo in più di quelli necessari tra omero e mano) che mi portavo dietro da ore, se non da giorni; a pensarci bene da anni. Perché erano anni che col Palio sentivo di non aver chiuso, e una volta rimessoci un piede dentro spero non arrivi tanto presto il momento di scriverla davvero, la parola fine.

E se proprio devo farlo, che almeno sia scritta in gotico.
Onore et umiltà.

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