Christopher Haanes è un nome di un certo calibro, nel mondo della calligrafia. Studiare con lui, per chi vorrebbe portare il suo Italico a un livello superiore, per chi è in cerca di variazioni per la sua Cancelleresca, per chi ha bisogno di trovare una direzione per instradare un’evoluzione della sua calligrafia, è una tappa obbligatoria.

Oggi l’Italico lo conoscono un po’ tutti. Tutti gli amanti di calligrafia, intendo. Questo carattere, insuperabile modello di scrittura umanistica cinquecentesco, è uno dei “ferri del mestiere” indispensabili per chiunque voglia fare calligrafia. Tuttavia, per l’enorme possibilità di variazioni che presenta e gli infiniti adattamenti contemporanei individuali, viene da chiedersi se ne esista veramente un modello neutro.

Credo siano in pochi, in Europa, in grado di insegnare onestamente l’Italico. Non tanto per disonestà altrui, ma quanto per i molteplici stili, anche rinascimentali, che ci sono stati trasmessi della stessa Cancelleresca.
Ho affrontato l’Italico con Luca Barcellona, quando ero ancora giovane. Da lì ho iniziato l’accumulo e lo studio di manuali recenti o del secolo scorso, consumando una piccola biblioteca che mi ha dato soprattutto l’idea di quanto vasto fosse l’universo della calligrafia. Da un lato lo sconforto per non poter imparare tutto, dall’altro l’attrazione che andava a concentrarsi sugli stili corsivi.

Ho confrontato allora l’Italico con l’American Cursive e il Copperplate di Barbara Calzolari, con lo Spencerian di Michael Sull, e ho capito – con un certo rammarico – che non avrò altro pennino se non il Brause Bandzug.

Quindi la mia tecnica andava migliorata, e quale occasione migliore di un corso di vivid Italic con Elmo van Slingerland? Fatto. Ne sono uscito però con molti dubbi (sul mio Italico, non sul maestro, ovviamente); come con l’impressione che ad ogni corso apprendessi e cercassi di replicare un po’ dello stile dell’insegnante, e non della Cancelleresca in sé. Come se le mie fondamenta non fossero state abbastanza solide da permettere la costruzione di quell’ultimo piano che è la personalizzazione di uno stile. Da calligrafi professionisti, invstiti della questione, ho avuto conferma di questo mio timore.

Quando ho visto che l’ottima Associazione Dal Segno alla Scrittura proponeva, a Torino, uno stage internazionale sulle Variazioni dell’Italico con Christopher Haanes, ho fatto i biglietti per affrontare mille chilometri senza pensarci più di sette respiri. Era l’occasione giusta per rinforzare i pilastri.

L’Italico di Christopher Haanes

Christopher Haanes è un maestro, umile e disponibile come tutti i grandi (anche se a vederlo, nella sua minacciosa stazza, non diresti), ma prima di qualsiasi variazione, manipolazione o ritocco ci ha fatto mettere sotto a scrivere e scrivere e scrivere la versione base dell’Italico. Non chiedevo di meglio.
Norvegese, ha studiato calligrafia a Roehampton, per anni. Anni di pratica, giorno e notte, sui fondamentali dell’Italico. «L’esercizio è fondamentale, la base della calligrafia. Non si avanza senza la base, dovrete esercitarvi, e non sarà sempre divertente, ma solo così progredirete», ha introdotto Christopher Haanes il suo workshop.

«Quando si studia calligrafia si entra in contatto con moltissime informazioni, ma sta a noi poi trovare una nostra strada. Non si può imparare ogni stile di scrittura, non ci riusciremmo e non ci porterebbe da nessuna parte; se sceglierete l’Italico, dovrete tornare alle forme originali: io stesso ho provato gioia ogni volta che, cercando nuove strade, sono tornato all’origine. D’altra parte, servirebbe una vita intera per studiare bene più di un paio di stili».

Variazioni sull’Italico

Per variare qualcosa bisogna sapere da dove si parte. Ecco perché a Torino la maggior parte del tempo, in questo weekend di calligrafia in corsivo Italico, lo abbiamo trascorso a studiare le forme base della Cancelleresca. Concentrandoci sul ritmo, sui tempi, sui pieni e i vuoti, sugli angoli. Poi, alla fine, qualche trick e qualche indicazione per variare il nostro Italico, Haanes ce li ha concessi. Ma non si diventa Master Chef se non si sa cucinare un’omelette.

La calligrafia è anche meccanica del corpo e per scrivere bene dobbiamo usare spalla, braccio e mano come fossero parti di un compasso. I cerchi non si devono chiudere ma ogni tratto deve avere un inizio e una fine. Nel combinare i tratti scopriremo che, partendo dal medesimo modello, per ognuno di noi non c’è limite a dove possiamo arrivare.

Proprio per questo, in un certo senso, «siamo tutti principianti»: le lettere vanno reinventate ogni volta e le possibilità sono infinite. «Quando ci sentiamo arrivati, non andiamo più da nessuna parte».

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