Scrivere a mano è troppo bello per non farlo con inchiostri di qualità, come il ferrogallico
Un inchiostro biologico al 100%, completamente naturale, realizzato con pazienza e volere cosmico per scritture bellissime
L’inchiostro ferrogallico è l’inchiostro per definizione. Ogni calligrafo o amante della scrittura a mano lo conosce, lo usa, lo adora. Famoso da millenni, indelebile, a base d’acqua, naturale, cangiante dal grigio bluastro al nero al contatto con l’aria, da quando l’ho usato la prima volta non ho più occhi che per questo inchiostro. Tanto che, con materie prime così a portata di mano, con l’arrivo della primavera, ho deciso di comporlo da me.
Noci di galla. Raccolta e macerazione
Il ferrogallico si fa con le galle di quercia. ‘O pa’ d’u cuccu, le chiamava mio nonno; mio padre le raccoglieva in montagna quando salivamo sul monte Pajà il 25 aprile e infilava uno stecchino nel buco di uscita dell’insetto per farne una trottola. Scientificamente parlando, ‘u cuccu è la noce di galla, un’escrescenza prodotta dalla puntura di vari insetti (piccole vespe nere, perlopiù) sul tronco, sulle foglie o sulle radici di alcune piante.
Già i romani utilizzavano l’inchiostro di galla, le più antiche ricette sono greche, ma è nel Medioevo che la grande diffusione di questo inchiostro, per la facilità di preparazione e il costo ridotto, lo rese così comune, ne fece l’inchiostro universale. Indelebile per come penetra nella carta, è stato usato fin quasi ai giorni nostri, anche da personaggi del calibro di Leonardo da Vinci, Johann Sebastian Bach e Vincent van Gogh. La presenza di tracce di inchiostro ferrogallico è stata rinvenuta sia nei rotoli del Mar Morto sia nel Vangelo perduto di Giuda.
Nel corso di marzo, ho trovato le noci di galla sui rami di querce da secoli in piedi in colli che si fronteggiano a pochi chilometri di distanza: Parolito (località di Sanseverino Marche, alta valle del Potenza, entroterra maceratese) e Sainale (località di Matelica, alta valle dell’Esino, confine Marche/Umbria). Il colle dove sono cresciuto, il primo, e dove ho piantato nuove querce il giorno che mio figlio nacque, un giorno dal cielo di un azzurro dolcissimo. Il colle all’ombra del quale vivo oggi, il secondo, nascosto sotto i Sibillini giganti e tremanti, ferito dall’ignoranza di un’inutile, costosa e nociva urbanizzazione che ha lasciato, nella quasi totale indifferenza (quasi), cadaveri di quercia a terra come balene arenate sull’asfalto.
Raccolta delle noci di galla
Ricetta dell’inchiostro ferrogallico
Le ricette, online, sono un’infinità. Quantità, dosi, parti, tempi, modi… Dopo lunghe ricerche ho lasciato perdere il tentativo di sintetizzare la migliore combinandone tante, ricorrendo dove sapevo di trovare quello che cercavo: Inchiostri. Stampa, litografia, scrittura, simpatici, piccolo libretto di ricette per comporre inchiostri edito in Roma nel 1892 dagli Eredi del Barbagrigia stampatori. Una buona biblioteca cartacea, senza nulla togliere ai motori di ricerca e a Wikimedia, tira sempre fuori dai guai.
Una volta convertite le unità di misura e calcolate le parti, questi gli ingredienti, gli accessori e i procedimenti che ho usato per lavorare:
- un etto di noci di galla da frantumare e lasciar macerare in un litro e mezzo di acqua piovana
- mezz’etto di gomma arabica da sciogliere nel liquido filtrato e bollito e mezz’etto di solfato di ferro in polvere da versare prima di lasciare all’aria aperta qualche giorno ad ossidare
- un pizzico di zucchero per donare brillantezza e un bastoncino di fico per mescolare il prodotto
- un dito di vino da aggiungere se si formano muffe dopo una seconda bollitura e un secondo filtraggio, prima di imbottigliare
Gomma arabica, solfato di ferro, ingredienti e combinazioni alchemiche
Ingredienti fondamentali per portare a termine l’inchiostro sono la gomma arabica e il solfato di ferro. La prima è una resina essudata dagli alberi Acacia Senegal che si trovano in Africa, principalmente dalla regione del Kordofan, che produce la gomma di migliore qualità: la Gomma Kordofan. Non è stato facile trovarla tra farmacie ed erboristerie, alla fine ho fatto ricorso agli ecommerce di prodotti di belle arti. Il solfato di ferro l’ho invece trovato in polvere, diluibile in acqua, in un consorzio agrario qualsiasi a un prezzo irrilevante..
Tra gli accessori, gli altri componenti e qualche dettaglio per maniaci ho mescolato il composto con una bacchetta di fico, prevenuto le muffe con del Verdicchio di Matelica e utilizzato l’almanacco di TerraNuova e i suoi due calendari lunari per studiare gli allineamenti degli elementi cosmici. Senza alcuna conoscenza alchemica ma estremamente incuriosito da certe combinazioni (Marte domina il ferro; segno del suo domicilio è l’Ariete), in base al principio che «ciò che sta in basso è come ciò che sta in alto», ho scelto di dare al mio inchiostro un’impronta esoterica e un’ottica astrologica, come tributo al grande influsso di quest’affascinante mondo sulle nostre vite spesso dominate da forze che non sempre sappiamo riconoscere.
Realizzare l’inchiostro ferrogallico. Il procedimento
Ho raccolto le galle con mio figlio in braccio e il sole in Ariete, il giorno in cui entrava nel suo sedicesimo mese di vita. Macinate e messe a macerare in acqua piovana la prima notte di luna nuova (in Ariete) dopo l’Equinozio di primavera, nei giorni ho visto nascere il mio inchiostro ferrogallico in luna crescente, stagionato con la luna in Vergine, imbottigliato in luna piena.
Macerazione delle noci di galla
L’acqua, col passare delle notti e dei giorni, si è fatta marrone, sempre più scura. Filtrata la soluzione con la luna al primo quarto – crescente, discentente, in Gemelli – ho portato il liquido a ebollizione e ho aggiunto il solfato di ferro; l’acqua, da marrone, è diventata subito nerissima, un incanto. Quindi ho sciolto la gomma arabica, il profumo di caramella mi ha avvolto prima di versarla fusa nel liquido e mescolare a lungo per evitare grumi.
Reazione chimica del ferrogallico
La magia che produce l’inchiostro avviene con una certa lentezza ed occorre tempo perché la reazione si svolga completamente. Tempo, come per la calligrafia. Questa magia è una “semplice” reazione. Un chimico conoscerà le formule che colorano il ferrogallico, io faccio ricorso a wikipedia: “La colorazione dell’inchiostro è dovuta al suo principale componente, il gallato di ferro, ottenuto dalla reazione di un generico tannino con un sale ferroso. Quando la reazione avviene con le componenti di tannini e sale metallico nel rapporto molare di 4:1 tutto il ferro viene complessato dal tannino producendo così un inchiostro chimicamente stabile dove il gallato di ferro si comporta come un pigmento”.
Per i dettagli tecnici, leggo in questo interessante esperimento: “Il pigmento dell’inchiostro si forma in due tappe consecutive: l’acido gallico e il solfato ferroso formano il gallato ferroso, H3O+ e SO42-; pressoché immediatamente, il gallato ferroso reagisce con l’ossigeno per dare acqua e pirogallatoferrico, un complesso ottaedrico nero insolubile in acqua dove i ligandi di ciascun catione ferrico sono due molecole di acido gallico”. Superato il passaggio scientifico, da questo articolo ho tratto parecchie altre informazioni per il mio intruglio.
Preparazione in cucina dell’inchiostro ferrogallico
Filtrato e coperto con un telo, ho lasciato il mio inchiostro ormai già formato a stagionare ancora un po’ all’aria aperta. Un pizzico di zucchero l’ha reso più brillante. Bollito una seconda volta qualche giorno dopo, con la luna in Vergine, il tempo di tre Pater noster (in latino), nuovamente filtrato, l’inchiostro ha riposato con un goccetto di Verdicchio (come antimuffa) al buio, in silenzio, fino alla luna piena.
Preparazione in cucina dell’inchiostro ferrogallico
L’ho provato su carta Fabriano, ho esclamato WOW con gli occhi a cuoricino e imbottigliato il mio ferrogallico.
Realizzati appositi stress test per mettere alla prova la resistenza sulla carta (al sole, al freddo, alla pioggia e all’umidità), su materiale made in Fabriano ha reagito a meraviglia. Il grigio-bluastro (o nero scarico, o grigio scuro) del tratto originale ha velocizzato il processo di ossidazione virando verso il marrone ruggine (quindi scurendo), regalando un delizioso sapore antico al testo. Gli esempi lasciati invece ad ossidare senza eccessivo stress scuriscono molto più lentamente.
I risultati migliori si ottengono su carta bianca, liscia, di bassa grammatura. In vasetti 30ml, vendo questo inchiostro naturale sul mio eshop Etsy, per chi fosse interessato a provarlo. Oppure fatre un salto al corso di calligrafia Cancelleresca a Matelica il 23 aprile per intingere il pennino in questo ferrogallico. Condotto con successo il primo esperimento, sto già macerando il triplo delle dosi per fare provvista per l’inverno 🙂
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17 commenti
Lettura interessante, mi è venuta voglia di raccogliere le noci galliche
Commento di Viviana,
pubblicato il 13 Aprile 2017
E allora buona raccolta! In questo periodo non mancano sulle querce le galle; fare un inchiostro con le proprie mani, qualunque sia il risultato, è divertentissimo e riempie di soddisfazione 🙂
Commento di Lorenzo Asthorone Paciaroni,
pubblicato il 13 Aprile 2017
Complimenti per l’impegno e la passione. Pensavo fino a ieri che fosse il cibo del cuculo. Non credevo che ci si potesse fare l’inchiostro. Non si finisce mai di imparare.
Grazie e saluti
Commento di Gabriele,
pubblicato il 22 Aprile 2017
Infatti “‘o pa’ d’u cuccu”, nel mio dialetto, significa “il pane del cuculo”.
Nemmeno io, fino a pochi mesi fa, sapevo che le galle potessero servire per fare inchiostro, ma appena scoperto mi sono divertito tantissimo a documentarmi e a “cucinare” il mio ferrogallico 🙂
Commento di Lorenzo Asthorone Paciaroni,
pubblicato il 22 Aprile 2017
ho provato il tuo inchiostro al corso di american cursive con barbara calzolari ,io sono una principiante ma adoro la sua tenuta e la sua brillantezza.
complimenti per l’articolo pieno di curiosità e amore
Commento di laura,
pubblicato il 15 Maggio 2018
<3<3<3
Commento di Lorenzo Asthorone Paciaroni,
pubblicato il 16 Maggio 2018
Mi chiedevo…potrebbe essere usato anche come inchiostro per tatuaggi, dal momento che quelli normalmente utilizzati sono tossici?
Commento di Anna,
pubblicato il 12 Ottobre 2018
Io chiederei a un tatuatore, ne capitasse qualcuno in questa pagina sarebbe bello potesse rispondere con competenza.
Personalmente, considerando l’irritazione che lascia sulla pelle al solo contatto il solfato ferroso, uno degli ingredienti dell’inchiostro, lo eviterei.
Commento di Lorenzo Asthorone Paciaroni,
pubblicato il 15 Ottobre 2018
L’articolo è molto bello e interessante ma vorrei sapere dove posso trovare il libricino inchiostri che hai nominato nella ricetta. Grazie
Commento di Francesco,
pubblicato il 27 Ottobre 2018
Quel libretto lo trovai per caso anni fa in un mercatino di antiquariato. Non credo sia facile reperirlo in commercio, purtroppo, ma si trovano molte ottime alternative anche online (l’editore Hoepli, negli anni passati, ha stampato manuali di inchiostri ancora insostituibili).
Commento di Lorenzo Asthorone Paciaroni,
pubblicato il 29 Ottobre 2018
Mi trovo in Brasile, faccio il calligrafo e qui, in questo paese non si è mai sentito neanche nominare l´inchiostro ferrogallico; sono incuriosito di conoscerlo e mi permetto di suggerire perché non lo fatte arrivare qua giú. Gradirei una risposta. Nell´attesa vi saluto con affetto. Sono nato qui a San Paolo del Brasile, figlio di genitori napoletani e molisane. Ancora grazie. Parlo discretamente bene l´italiano. A presto.
Commento di nicolino carili,
pubblicato il 5 Novembre 2018
Piacere di conoscerla, Nicolino. Potrei spedire il mio ferrogallico in Brasile, ma le spese di spedizione sarebbero importanti. Tuttavia, come molti italiani del centro Italia, ho parenti tra Brasile e Argentina: appena ricapiterò in Sud America porterò con me una buona scorta di ferrogallico da distribuire 😉
Commento di Lorenzo Asthorone Paciaroni,
pubblicato il 6 Novembre 2018
Questo tipo di inchiostro può essere utilizzo anche per realizzare delle stampe? Tipo block print con legno o gomma?
Commento di Martina,
pubblicato il 16 Gennaio 2019
Anche se non ho mai effettuato test di questo tipo, sconsiglierei un utilizzo tipografico di quest’inchiostro: è troppo fluido e troppo poco oleoso per aderire alle superfici delle matrici da inchiostrare a fini di stampa, legno o gomma o piombo-stagno-antimonio esse siano.
Il ferrogallico è un inchiostro da intinzione, per certi aspetti il migliore che possa esistere per realizzare alcune calligrafie, ma già Gutenberg adottò soluzioni più oleose per stampare con i caratteri mobili. Tuttavia non è la prima volta che mi imbatto in richieste simili alla sua, e credo che a breve inizierò a studiare quali componenti aggregare per sperimentare una soluzione adatta a chi sia in cerca di un inchiostro naturale per la stampa manuale. Sarà una bella sfida.
Commento di Lorenzo Asthorone Paciaroni,
pubblicato il 16 Gennaio 2019
Ho provato anch’io, con la ricetta 100 g galle, 40 g solfato, 40 g gomma arabica. Ho provato su varie carte, é normale un tempo di asciugatura di circa 1 ora? Forse devo mettere più o meno gomma?
Commento di Leonardo De Benetti,
pubblicato il 11 Febbraio 2019
In generale, abbasserei la quantità di gomma arabica, se l’asciugatura è troppo lenta.
Ma questo è un consiglio che, isolato dal contesto, vale poco. Ci sono centinaia, se non migliaia, di ricette per realizzare inchiostro ferrogallico, nella letteratura che dal medioevo ad oggi si è accumulata negli archivi e nelle biblioteche (e ovviamente, oggi, anche online). Tuttavia, trattandosi di inchiostri naturali, e nel nostro caso fatti a mano – dalla raccolta degli ingredienti all’imbottigliamento alla grafica dell’etichetta – la resa del prodotto, ossia il tono e le caratteristiche dell’inchiostro, non saranno mai identici; nemmeno seguendo la medesima ricetta, nemmeno utilizzando i medesimi ingredienti del medesimo habitat.
È la natura, non possiamo farci nulla. Ed è giusto che sia così.
Poi, chiunque studi e pratichi calligrafia con onestà sa bene che non esiste l’inchiostro perfetto per ogni situazione. Il risultato di ogni nostra scrittura è il frutto della combinazione di molti fattori: umidità e temperatura dell’ambiente, assorbenza, grammatura, grana e collatura della carta, flessibilità e capacità del pennino, per dirne solo alcuni e limitarsi a quelli esterni all’inchiostro.
Ogni volta che ci sediamo a scrivere dobbiamo prendere in considerazione quanti elementi concorrono a rendere speciale ciò che stiamo facendo; è per questo che possono essere necessarie anche ore, in una determinata situazione, a trovare l’equilibrio perfetto tra materiali e strumenti di scrittura.
Consiglio quindi, in definitiva, di sperimentare più possibile: sperimentare ricette, sperimentare combinazioni, sperimentare strumenti e supporti. Non esistono soluzioni universali nella calligrafia, ognuno troverà la sua combinazione e quella sarà solo, insindacabilmente, sua.
Buon divertimento
Commento di Lorenzo Asthorone Paciaroni,
pubblicato il 12 Febbraio 2019
Ciao, complimenti vivissimi per il risultato! Vorrei acquistare una o due boccette del tuo inchiostro, ma non lo vedo più in vendita. Per caso ne hai ancora? Essendo Marchigiano e recandomi spesso nel Fabrianese potremmo anche incontrarci 🙂 grazie mille e buona Domenica. Mauro.
Commento di Mauro,
pubblicato il 13 Ottobre 2019
ma si parla di calligrafia in questi termini anche qui:
Quattro chiacchiere di calligrafia?
Mi trovi online e offline
Puoi scoprire di più sul mio conto in questa pagina, sul mio sito/blog personale oppure contattandomi telefonicamente al numero +39 389.9474712 (rispondo io, Lorenzo Paciaroni), se vuoi anche con WhatsApp , o via email all’indirizzo info [at] bellascrittura.eu
Vienimi a trovare tra le colline del Verdicchio!
Sono qui, più o meno e perlopiù