Il Fontbook, per farmelo conoscere, ci voleva una quarantena. Tra la bella lista di letture che mi hanno fatto compagnia in questa lunga reclusione una era Sei proprio il mio typo, dentro alla quale mi sono imbattuto in questo catalogone giallo.

Calligrafia, tipografia e web design. Storie che si intrecciano

Nonostante continui a rimandare il momento in cui dedicarmi seriamente a FontForge, l’interesse per la tipografia me lo porto dietro da decenni. Da quando componevamo prime pagine in QuarkXPress in una canonica all’ombra di San Lorenzo in Doliolo alla scoperta di InDesign. Quindi l’ingresso nelle redazioni e nel mondo dell’editoria, dove non sono mancate occasioni per fare pratica. Dal web design – tipografia sul web – alla calligrafia, la vera inesauribile miniera della tipografia.

E forse anche da prima, da molto prima, se la genetica ha il suo perché e penso che cinquant’anni fa mia madre lavorava in una tipografia e proprio lì ha conosciuto mio padre, che allora faceva quello che avrei fatto io quarant’anni dopo. Cioè scriveva e componeva. Pensare che io, a quell’età, tra spray e alcol e microfono (microfono? Abbiate pazienza, sto recuperando reperti e disseppellendo scheletri, appena prendo coraggio vi racconto questa esperienza), tutto avrei pensato tranne di finire così. O ricominciare così.

Una quarantena di letture arretrate

Sono stato bravo, dicevo, in quarantena, e non ho fatto acquisti online, in questi due mesi. I miei acquisti online sono libri, non altro. Il che non mi impedisce di frequentare librerie reali e biblioteche, anzi, ma in questo periodo non è possibile. Avrei speso un patrimonio, con tutto questo tempo disponibile, e avrei contribuito ad aggravare il lavoro di corrieri sempre più stanchi e sfruttati. Quindi mi sono imposto di evitare gli e-commerce abituali nei quali, però, le wish list lampeggiano oggi più che mai e sono consapevole il mio sia solo un procrastinare.

Uno strappo alla regola, uno solo, però, me lo sono concesso. Dopo l’ultimo decreto del Presidente del Consiglio, in cui non è cambiato un cazzo se non potersi fare una passeggiata e per il resto tutti a lavorare, la depressione m’ha preso e non ho più resistito. Se non posso rivedere il sole come dico io, in cima ai miei monti (in spiaggia ovviamente è concesso, sugli Appennini devi nasconderti dai droni), almeno lasciatemi fuggire tra le righe.

In una delle letture arretrate, che ci volevano due mesi di reclusione per farmi smaltire, c’era una divertentissima pubblicazione di tipografia, per niente tecnica, un vero storytelling dei caratteri. “La vita segreta dei caratteri tipografici” è non a caso il sottotitolo di Sei proprio il mio typo, libro di Simon Garfield edito da TEA nel 2015.

E lì, tra le altre cose, ho scoperto l’esistenza di questa grande bibbia gialla dei caratteri: il FontBook.

FontBook

Ottomila caratteri nella bibbia Fontbook

FontBook è un poderoso catalogo di caratteri giallo pubblicato da FontShop International, un’agenzia nata a fine anni Ottanta per vendere caratteri digitali su floppy disk; oggi, che fa parte della società Monotype Imaging, li vende online, ovviamente.

Ho trovato una versione del FontBook usata in una libreria in Germania. Costava 79 marchi tedeschi, ma l’ho pagato una sciocchezza e se ne trovano molte copie online. Edita nel 1993, è oggi un libro di culto, con i suoi 8000 (ottomila) tipi di carattere provenienti da quasi cento fonderie, raccolti da Erik Spiekermann, Jürgen Siebert e Ed Cleary.

Erik Spiekermann. Un tipomane

Il berlinese Erik Spiekermann è l’educatore più illustre nel mondo dei caratteri. Coniò il neologismo tipomania per descrivere la sua “malattia”. Malattia che lo ha fatto intervenire nella grafica di marchi corporativi come Audi, Volkswagen, nella segnaletica dell’aeroporto di Düsseldorf e nella segnaletica della Deutsche Bahn, la società ferroviaria tedesca, per dirne un paio.
Sua questa bella frase:

I caratteri hanno un ritmo, come la musica. Ma è come cucinare: si può seguire la ricetta fino all’ultimo grammo, ma, se non c’è amore, la pietanza è insipida e scipita.

In giro per la rete non mancano cataloghi digitali per le font (si dice il font o la font?), da googlefont a dafont a fontsquirrel se si cercano licenze più o meno riutilizzabili fino alle tante fonderie online con i loro caratteri proprietari. Ma io non ce la faccio, nei miei progetti, a scorrere centinaia o migliaia di font a monitor, quando ne ho bisogno. Tutti i grafici e gli web designer ne hanno bisogno. Della carta, dei cataloghi cartacei.

E più di questo FontBook, in quanto ai cataloghi, se si cercano le font e magari si è un po’ nostalgici (dagli anni Novanta ne è passata di acqua sotto i ponti), non so cosa immaginarmi.

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